Commento alla liturgia del 1° Giugno 2021

Dal Vangelo secondo Marco

Mc 12, 13-17

 

In quel tempo mandarono da Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?».

Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?».

Gli risposero: «Di Cesare».

Gesù disse loro: «Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio».

E rimasero ammirati di lui.

Il Vangelo di oggi ci consegna una parola di Gesù sulla quale tanto si è scritto: «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio». Alcuni l’hanno interpretata come una separazione: da una parte c’è Dio, dall’altra l’umanità, la storia, lo stato, la società civile. Credo che questa lettura non sia saggia, perché nella fede non c’è contrapposizione, ma piuttosto il mistero dell’Incarnazione, della presenza del Signore dentro la storia.

E allora che cosa ci dice questa parola di Gesù? Essa costituisce un invito – come diceva un nostro insegnante di Scrittura – a vivere da veri cristiani e onesti cittadini. Giustino, di cui celebriamo oggi la festa, fu uno dei primi martiri della Chiesa, i quali chiedevano sempre con forza: «Perché ci state perseguitando? Noi siamo onesti cittadini, siamo a servizio dello stato!». Noi crediamo in Dio: ma la fede in Dio non ci esime dall’impegno nel quotidiano, per il bene comune del nostro paese. Credo che dovremmo riscoprire questa vocazione a riconoscere che tutto è di Dio, che da Lui noi veniamo e a Lui noi torniamo, ma anche a riscoprire che la fede va vissuta dentro la storia.

E allora il Signore ci doni quella sapienza che ci fa vivere tutto nel rendimento di grazie, ma anche nell’impegno concreto e quotidiano per il bene di tutti. Egli ci conceda di essere nel mondo e per il mondo senza diventare del mondo, cioè assumere quella mentalità comune a tutti che non ci aiuta a mantenere salda la nostra fede.

Infine, è oggi bellissimo il canto al Vangelo, tratto dalla lettera di Paolo gli Efesini: «Il Signore nostro Gesù Cristo illumini gli occhi del nostro cuore per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati» (Ef 1, 17-18).