Commento alla liturgia del 16 Dicembre 2020
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 7, 19-23
In quel tempo Giovanni, chiamati due dei suoi discepoli, li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”».
In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
La liturgia di oggi ci pone alcune domande. Noi siamo troppo abituati ad avere delle risposte, e invece anche la parola di Dio ci invita a custodire le domande. Nella prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, Dio ci pone questo interrogativo: «Non sono forse io, il Signore?» (Is 45, 21). Nel Vangelo di Giovanni, invece, i discepoli di Giovanni Battista, presentatisi da Gesù, gli chiedono: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?»
La liturgia di oggi ci dice che il Signore dobbiamo cercarlo sempre, senza farci prendere dall’abitudine o dalla scontatezza. Ogni anno arriva il Natale, ogni anno si celebra il tempo dell’Avvento, molti di noi ascoltano da anni le letture di oggi: e allora possiamo essere tentati di pensare «sì, vabbè lo sappiamo che viene Natale, conosciamo cosa significa». Invece oggi la parola di Dio ci ammonisce: “no, mettiti in ricerca, interrogati; non dare per scontato che il Signore della tua vita è Dio: perché ci sono tante cose – ad esempio la paura, le notizie che ascoltiamo – che possono facilmente prendere la signoria sulla nostra vita.
Custodiamo dunque questa domanda, ma soprattutto custodiamo un’altra parola che ci è offerta oggi. In Isaia il Signore dice: «Volgetevi a me e sarete salvi» (Is 45, 22). Chiediamo la grazia di guardare a lui, di camminare con lui, di fissare il nostro sguardo in lui nel Vangelo. Mi sembra anche significativo che Gesù non dia subito una risposta ai discepoli di Giovanni, ma prima viva la sua missione, guarisca i malati, ridoni la vista ai ciechi, faccia camminare gli zoppi, e solo dopo dica ai discepoli di Giovanni: «Andate e riferitegli ciò che avete visto e udito».
La fede non è un ragionamento, ma è vita che parla: questo ci insegna Gesù. E allora chiediamo degli occhi e un cuore capaci di riconoscere la Sua presenza non in un libro – neanche nel Vangelo, verrebbe da dire – ma nella vita quotidiana, la quale, illuminata dal Vangelo, è il campo in cui il Signore ci manifesta il suo grande amore per noi.