Commento alla liturgia del 14 Dicembre 2020

Dal Vangelo secondo Matteo

Mt 21, 23-27

 

In quel tempo Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?».

Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?».

Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».

Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

Nella prima lettura abbiamo ascoltato quello che è chiamato l’oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante (Nm 24, 2-7. 15-17b). Si tratta di un invito a entrare anche noi, per grazia di Dio, nella dimensione di chi vede lontano.

Il testo ci fa intuire che è possibile uno sguardo penetrante se ci lasciamo permeare il cuore dalla parola del Signore. Per guardare lontano, in profondità, il primo atteggiamento è di lasciarci illuminare dall’ascolto della parola di Dio: «Oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell’Altissimo, di chi vede la visione dell’Onnipotente, cade e gli è tolto il velo dagli occhi. Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele!» (Nm 24, 4-5).

Poi il libro dei Numeri ci invita a riconoscerlo: «Io lo contemplo, ma non da vicino; io lo vedo ma non ora» (Nm 24, 17). Quest’ultima indicazione ci avverte che non tutto è chiaro immediatamente, ma dobbiamo aver pazienza nel cammino della fede. Per guardare in profondità, per guardare lontano, è necessario lasciarci illuminare dalla parola di Dio e vivere con fiducia nell’attesa di un compimento. Noi invece vorremmo capire tutto e subito: chiediamo dunque al Signore il dono della pazienza, del “contemplarlo ma non ora”, perché a condurci alla visione faccia a faccia con il Signore sarà un cammino quotidiano, un’attesa.

Questo è il tempo del pellegrinaggio. Questo il tempo dell’ascolto. Questo è il tempo di fare spazio al Signore affinché possiamo sperimentare pienamente la gioia e la bellezza dell’incontro con Lui.

Accompagnati da quanto abbiamo udito, chiediamo di custodire la parola del Signore, di lasciarci illuminare da Lui, di vivere il cammino quotidiano con fiducia, speranza e pazienza, nell’attesa di contemplarlo faccia a faccia, come nella prima lettera ai Corinzi scrive l’apostolo Paolo (1Cor 13, 12).