Commento alla liturgia dell’11 Dicembre 2020

Dal Vangelo secondo Matteo

Mt 11, 16-19

 

In quel tempo Gesù disse alle folle: «A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

Oggi il ritornello del salmo ci ha fatto pregare così: «Chi ti segue, Signore, avrà la luce della vita» (Sal 1). È un invito ad accogliere la presenza del Signore, a camminare con Lui.

La prima lettura, tratta dal libro di Isaia, ci dona invece una parola del Signore che è quasi un lamento. «Io sono il Signore tuo Dio che ti insegno per il tuo bene, che ti guido per la strada su cui devi andare. Se avessi prestato attenzione ai miei comandi il tuo benessere sarebbe come un fiume, la tua giustizia come le onde del mare» (Is 48, 17-18).

È da sempre che sfuggiamo al Signore. Ripensiamo alla storia della salvezza: già nel giardino dell’Eden il tentatore mette nel cuore di Adamo e di Eva il dubbio: «Ma sarà proprio vero che Dio mi vuole bene? Perché allora mi ha proibito di mangiare dell’albero della conoscenza del bene del male?». Sempre, dalle origini della storia fino ad oggi, il tentatore ha messo nel nostro cuore il dubbio sulla bontà di Dio; per questo a volte anche noi facciamo fatica a confidare in Dio, pensando che se facciamo a modo nostro le cose andranno meglio. E così non permettiamo che sia Lui a guidare la nostra vita.

È davvero bella questa parola: «Io sono il Signore il tuo Dio», cioè colui che si prende cura di te, «e ti insegno per il tuo bene, ti guido per la strada su cui devi andare». Mi fa pensare a un genitore che quando è costretto a rimproverare un figlio subito aggiunge: «Ma guarda che io te lo dico per il tuo bene, non perché lo pretendo, ma perché conosco qualcosa di più di te della vita».

Dio ha verso di noi un atteggiamento paterno. Egli, attraverso Isaia, ci dice: «La parola che ti è donata non è un peso che opprime né mira a renderti schiavo, ma vuole solo aiutarti a vivere da figlio libero». Il Signore non vuole abbandonarci a noi stessi, ma accompagnarci e custodirci. Chiediamo dunque la gratitudine del cuore per la parola e la presenza del Signore; chiediamo la docilità per lasciarci condurre da Lui, fidando in Lui più che in noi stessi, nei nostri pensieri e nei nostri progetti.