Commento alla liturgia del 24 Settembre 2021

Dal Vangelo secondo Luca

Lc 9, 18-22

 

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto».

Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio».

Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

In questi giorni nella prima lettura ci accompagna la parola di uno dei profeti minori, Aggeo. Oggi ci viene donata una parola ancora attuale e viva: l’antico splendore del tempio è venuto meno e l’edificio versa in uno stato di abbandono; ma Dio vuole che la propria casa ritrovi la bellezza di un tempo. Per questo Egli dice: «Coraggio, popolo tutto del paese, e al lavoro, perché il mio spirito sarà con voi».

Questa parola è ancora attuale perché la società in cui viviamo e la stessa vita ecclesiale necessitano di un continuo rinnovamento. L’incoraggiamento di Dio, infatti, cala in una situazione in cui lo scoraggiamento, la tristezza e la sfiducia rischiano di prevalere, e abbiamo bisogno che il Signore ci dica che Egli ci accompagna nel nostro quotidiano cammino di conversione. Grazie a Lui la paura e il timore sono vinti e possiamo metterci al lavoro – come disse papa Benedetto all’inizio del suo ministero – nella vigna del Signore.

Chiediamo dunque che la parola ddi Dio ci rimetta in un atteggiamento di lavoro concreto, non fatto cioè di sole parole e chiacchiere, affinché la nostra vita, così come la vita delle nostre famiglie e della comunità in cui siamo, sperimentino la pienezza e bellezza che il Signore desidera per noi.