Commento alla liturgia del 4 Maggio 2021

Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 14, 27-31a

 

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».

Gesù dice ai suoi discepoli e a noi: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi».

Questa parola ci insegna che esiste pace e pace: una pace secondo il mondo, che avviene quando le cose sono tranquille, quando non ci sono combattimenti o lotte interiori, quando tutto procede più o meno come desideriamo; un’altra che è un dono del Risorto (poco prima Gesù ha annunciato il tradimento di Giuda e la sua passione).

Quindi siamo dentro un contesto pasquale: tutto può metterci agitazione, e invece con l’annuncio della Pasqua Gesù dice: «Vi lascio la mia pace». La pace, infatti, non è qualcosa di esteriore, ma nasce nel cuore dal sentirsi amati e accompagnati dal Padre, cioè dalla certezza dell’amore di Dio.

Ripensavo a una parola che tanti anni fa mi disse don Franco Mosconi, priore dell’eremo di Camaldoli, avendomi probabilmente visto un po’ agitato: «Osserva il mare: anche quando la superficie è agitata, sotto c’è sempre la quiete: e allora nelle tempeste della vita guarda nel tuo cuore, scendi in profondità, vivi la comunione con il Signore che è la nostra pace». Quando dunque siamo angosciati da tante preoccupazioni chiediamo a Gesù che lo stare in Lui, il rimanere il Lui ci faccia sperimentare la vera pace, che è dono di Dio.