Commento alla liturgia del 20 Aprile 2021

Dal Vangelo secondo Giovanni

Gv 6, 30-35

 

In quel tempo la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”».

Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».

Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».

Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

Negli Atti degli Apostoli (7,51 – 8,1a) abbiamo letto del martirio di un discepolo di Gesù, Stefano. La sua è una morte violenta: Stefano viene lapidato. Questo episodio ci fa riflettere anche sulla nostra morte, perché Stefano, mentre viene lapidato, vive la consegna della propria vita al Signore e prega così: «Gesù accogli il mio spirito», e dicendo questo – aggiunge il testo – piegò le ginocchia e gridò a gran voce: «Signore, non imputare loro questo peccato».

Credo che questo passo ci consegni due atteggiamenti dinanzi all’esperienza umana della morte. Il primo è la consegna della propria vita. Non siamo semplicemente privati della vita; il credente, anche quando sta per morire, non vive il terrore di essere privato della vita, ma la consegna nelle mani del Padre. Questo gesto ci rende sereni anche dinanzi alla morte: non ci è rubata la vita, ma noi, come Gesù, la consegnamo nelle mani del padre; e questo non solo nell’ultimo respiro – in quel momento non abbiamo altra via che consegnarla – ma giorno. Quanto sarebbe bello se ogni giorno, se ogni mattino rendessimo grazie a Dio del dono della vita, dicendo: «Signore, questa giornata la metto nelle tue mani: sii tu a guidarmi; sii tu la vita, la forza e il senso della mia esistenza». Chiediamo dunque di imparare non nell’ultimo momento, ma in ogni momento, a vivere la fiducia e l’abbandono nelle mani del Padre.

L’altro atteggiamento di Stefano è che non pensa per sé, ma si dà pensiero della salvezza anche di chi lo sta uccidendo. Il suo è l’atteggiamento di chi vive in pienezza la vita, perché non basta vivere a lungo; l’importante è vivere bene. Non ha senso vivere una lunga esistenza se poi la passiamo sempre nell’egoismo, nella paura, nella contrapposizione agli altri; ci aiuti il Signore a vivere con sapienza ogni momento della nostra vita, sino a farne dono: perché allora neanche la morte ci farà più paura.