Commento alla liturgia del 20 Febbraio 2021
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 5, 27-32
In quel tempo Gesù vide un pubblicano di nome Levi, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi!». Ed egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa.
C’era una folla numerosa di pubblicani e d’altra gente, che erano con loro a tavola.
I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: «Come mai mangiate e bevete insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Gesù rispose loro: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano».
C’è un’espressione della prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, che tocca particolarmente il cuore: «Ti chiameranno riparatore di brecce e restauratore di strade» (Is 58, 12). È una definizione significativa anche per il tempo che stiamo vivendo, perché tante ferite, tante brecce, portiamo nel nostro cuore e vediamo attorno a noi. È come se il Signore oggi ci consegnasse questa missione: «Non causare ferite con la tua parola e il tuo comportamento, perché la missione che io ti affido è di essere un riparatore di brecce».
Di fronte a questo compito sentiamo tutta la fragilità; ma ricordiamoci della parola di Gesù nel Vangelo odierno: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano». Chiediamo dunque la grazia di mettere la nostra vita nelle mani del Signore e di vivere la missione che oggi ci affida.
In Isaia c’è poi una frase che ci aiuta a capire come vivere questa missione: «Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce» (Is 58, 9-10). La missione che il Signore ci affida è di essere luce, riparatori di brecce, restauratori di strade perché siano popolate.
Accogliamo la parola di Dio e chiediamogli la forza di vivere questo compito nel quotidiano, con semplicità e secondo le nostre possibilità. Chiediamo di non puntare il dito ma tendere la mano, di non giudicare ma incoraggiare, di essere un piccolo segno di luce, speranza e guarigione per tutti coloro che incontriamo: solo così anche noi saremmo guariti.